
Nessun addebito della separazione se il coniuge "tollera" per anni i tradimenti
Per la Cassazione, non scatta l'addebito della separazione per il marito infedele se la moglie ne accetta i tradimenti per anni e nonostante tutto continua a conviverci
Con l'ordinanza n. 16691/2020 del 05.08.2020 la Cassazione torna ad occuparsi di tradimento, respingendo il ricorso di una moglie che, in sede di merito, si vede rigettare la richiesta di addebito delal separazione al marito, perché ha tollerato per anni l'infedeltà del coniuge con cui ha continuato a convivere.
Senza nesso di causa tra tradimenti e sopravvenuta intollerabilità della convivenza quindi niente addebito al marito traditore.
Marito che ad un certo punto viene trascinato in giudizio dalla moglie, che chiede la separazione, l'addebito della stessa al coniuge, un assegno di mantenimento, la somma di 250.000 euro o la metà dei risparmi messi da parte da entrambi e la metà dell'abitazione coniugale.
La Cassazione con l'ordinanza n. 16691/2020 rigetta il ricorso avanzato dalla donna e in relazione alla domanda di addebito per infedeltà coniugale si dilunga maggiormente precisando in primis che "l'art. 151 cod. civ. stabilisce che il giudice, pronunciando sulla separazione, dichiara, ove ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri del matrimonio."
In diverse occasioni la Cassazione ricorda di aver stigmatizzato con particolare severità la condotta di chi viene meno all'obbligo di fedeltà matrimoniale, poiché in genere è ragione sufficiente per rendere intollerabile la convivenza. Ne consegue però che chi chiede l'addebito per infedeltà deve dimostrare la contrarietà della condotta ai doveri coniugali e l'efficienza causale di questo comportamento nel rendere intollerabile la convivenza. Chi invece si oppone all'addebito deve dimostrare l'anteriorità della crisi coniugale rispetto all'infedeltà.
Questa regola viene meno solo nel momento in cui non si rileva alcun nesso di causa tra l'infedeltà e la fine del rapporto di coniugio, perché la crisi sembra già irrimediabilmente in atto, come si può desumere ad esempio quando la coppia vive un contesto di convivenza meramente formale.
Passando quindi all'esame della motivazione della Corte d'Appello, la Cassazione rileva come in effetti non erano presenti "precisi riferimenti temporali" che consentissero di ritenere come provata l'esistenza del nesso tra le condotte ascrivibili al marito e l'intollerabilità della convivenza. La donna non è riuscita a dimostrare tale nesso anche perché, nonostante e "dopo le asserite violazioni del dovere di fedeltà da parte del marito, aveva continuato la convivenza con il marito per più di quindici anni e fino alla data del deposito del ricorso per separazione avvenuta.
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